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Data: 10/06/2025
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IL CENTRO
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L'Abruzzo ai referendum è un'Italia in miniatura. Affluenza poco sotto quella della Paese. Il quesito della cittadinanza è divisivo

L'Abruzzo ai referendum è un'Italia in miniatura. Èquesta l'immagine della nostra regione che emerge dai dati sull'affluenza per la consultazione referendaria su lavoro e cittadinanza su cui gli italiani si sono espressi tra la scorsa domenica e ieri. Complessivamente, nel Paese sono stati in più di 14 milioni ad andare alle urne; tradotto in percentuale, significa il 30,6% degli aventi diritto. I numeri della nostra regione seguono la stessa china, pur ponendosi leggermente al di sotto della media nazionale con il 29,77%. Immediate e opposte le reazioni dal mondo politico, che vanno dal coordinatore del Patto per l'Abruzzo Luciano D'Amico, secondo cui il governo nazionale «fa bene a preoccuparsi di questi risultati», al consigliere regionale in quota Lega Vincenzo D'Incecco, che considera questi referendum «un errore politico della sinistra, che fa pagare ai cittadini una sua lotta interna». Andiamo, però, con ordine e ricostruiamo nei dettagli questa consultazione.

I QUESITI REFERENDARI Quattro quesiti sul lavoro e uno sulla cittadinanza. Questi i referendum su cui gli italiani sono stati chiamati a esprimersi negli ultimi due giorni. Più nello specifico: il primo quesito sul lavoro punta all'abrogazione di un decreto del Jobs Act del 2015 che disciplina i licenziamenti illegittimi e il contratto a tutele crescenti; il secondo mira a eliminare il limite massimo all'indennizzo previsto per i lavoratori licenziati senza giusta causa nelle aziende con meno di 15 dipendenti; il terzo quesito propone la cancellazione di alcune norme che regolano i criteri con cui si può assumere con contratti a termine; il quarto si concentra sulla responsabilità solidale negli appalti tra committente e appaltatore; l'ultimo quesito, infine, intende ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza continuativa richiesto per poter fare domanda di cittadinanza.

IL VO(L)TO DELL'ABRUZZO Sono stati più di 300mila gli abruzzesi che hanno espresso la propria preferenza alle urne, il 29,77% degli aventi diritto. Dal voto emerge è una maggioranza bulgara favorevole ai quesiti sul lavoro (sia in Italia che in Abruzzo, la media del sì si aggira tra l'87 % e il 90%, a seconda del singolo referendum), mentre la questione dei tempi della cittadinanza è stata più divisiva: nella penisola il 34,70% ha votato no, in Abruzzo addirittura il 37%. Per quanto riguarda i dati sull'affluenza a livello regionale, la provincia di Chieti è stata quella che ha registrato la performance migliore con il 31,79%, seguita dalle province di Pescara (30,22%), Teramo (29,89%) e L'Aquila (27,51%). Ma quest'ordine cambia se, invece che alle province, si guarda ai singoli capoluoghi: Chieti diventa la città con la più bassa percentuale di cittadini andati a votare (29,91%), mentre i teramani sono stati quelli più presenti alle urne (32,02%); Pescara si ferma al 31,24%, L'Aquila al 30,24%. Per trovare un comune in cui sia stata superato il quorum bisogna andare a Rosello, piccolo borgo di 169 abitanti, dove è stata registrata l'affluenza più alta in tutta Italia con il 65,92%. L'unico altro comune abruzzese ad aver raggiunto un risultato simile è Ortona, dove l'affluenza è stata del 51,42%. Un risultato probabilmente favorito anche dalle contemporanee elezioni amministrative, anche se la stessa situazione a Bisegna, in provincia dell'Aquila, non ha avuto lo stesso effetto: qui la percentuale non è andata oltre il 46,19%, (attestandosi comunque come uno dei dati più alti della regione). Rimanendo nell'Aquilano, a eccezione di Sulmona, che ha registrato un'affluenza leggermente superiore alla media regionale (29,99%), gli altri più grandi centri della provincia si attestano ben al di sotto. A partire da Pratola Peligna (26,06%) e Avezzano (26,02%), seguite da Castel di Sangro (24,58%) e Tagliacozzo (24,50%). Va ancora peggio a Celano con il 21,52% dei cittadini andati al voto. Ma la maglia nera in Abruzzo per dati sull'affluenza va al comune di Cappadocia, che si ferma al 12,92%. Spostandoci nel Chietino, Lanciano e Guardiagrele superano la media della provincia, rispettivamente con il 33,23% e il 34,42%, mentre Atessa, che ospita alcune delle fabbriche più importanti in Abruzzo, come Stellantis e Honda, non va oltre il 30,42%. Nel Pescarese c'è da segnalare i bassi dati sull'affluenza a Montesilvano (27,77%, quattro punti in meno del vicino capoluogo) e quelli, ben più alti, dei comuni di Abbateggio e Villa Celiera, gli unici a superare il 40% nell'intera provincia. Infine, nel Teramano, a Martinsicuro e Alba Adriatica l'affluenza è stata particolarmente bassa (24,27% e 24,81%); meglio Montorio al Vomano e Atri, che si attestano al 33,41% e 33,57%.

LE REAZIONI I numeri sono numeri, non possono essere messi in discussione. Questione diversa, invece, la loro interpretazione. Luciano D'Amico preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno: «Sicuramente è una sconfitta, ma secondo me, contrariamente al de profundis del centrosinistra, il governo fa bene a preoccuparsi, perché sono andati a votare quattordici milioni di persone, più di quanti hanno votato Meloni alle ultime elezioni politiche. Per noi è la conferma che la sinistra, se unita, può vincere». Della stessa opinione il segretario regionale del Pd Daniele Marinelli, che aggiunge: «Dalla partecipazione al voto emerge un'altra idea del Paese, che di fatto raccoglie consensi numericamente più ampi di quelli conquistati alle elezioni politiche dalla maggioranza di destra che governa oggi l'Italia». Hanno una visione diametralmente opposta i consiglieri regionali della maggioranza Vincenzo D'Incecco e Massimo Verrecchia (Fratelli d'Italia). «Un risultato ampiamente prevedibile», spiega D'Incecco, «e che ci soddisfa, perché avevamo optato per l'astensione. Poi, a parte i quesiti sul lavoro, a mio parere molto tecnici e che quindi difficilmente entrano nel cuore degli italiani, sulla cittadinanza abbiamo avuto un segnale chiaro. Su quasi 14 milioni di votanti, 4 milioni e mezzo sono andati a barrare il no sul dimezzamento dei tempi della cittadinanza, cioè una bella fetta della stessa sinistra. Il pensiero dei cittadini è evidente». «Questo referendum è un fallimento totale», si accoda Verrecchia, «è un segnale chiaro della distanza ormai siderale tra le battaglie ideologiche della sinistra e la realtà del Paese». Più cauto il presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri, che afferma: «In 14 milioni sono andati a esprimere il loro pensiero su delle leggi che evidentemente ritengono vadano cambiate, approfondite, chiarite. Dal punto di vista politico il governo ne esce rafforzato. Ma penso anche che, alla luce del voto, la maggioranza debba portare questi temi sul tavolo». Carmine Ranieri, segretario generale della Cgil Abruzzo-Molise, ha messo la faccia in questa campagna referendaria per sensibilizzare sui temi del lavoro. «Dispiace, perché volevamo effettivamente cambiare alcune leggi che hanno reso il lavoro più precario, meno sicuro e con meno tutele. C'è, però, qualcosa di positivo da osservare. In un periodo in cui a votare sono sempre di meno e il governo in carica suggerisce l'astensionismo, siamo comunque riusciti a portare alle urne 14 milioni di italiani. In ogni caso, noi continuiamo a credere che la pratica della democrazia sia il modo migliore per affermare i diritti: non ci fermeremo». Il senatore avezzanese Michele Fina (Pd) conclude: «Le destre insultano chi è andato a votare, perché hanno capito che da oggi sono maggioranza in Parlamento ma minoranza nel Paese. Meloni e i suoi lo sanno e cercano di coprirlo festeggiando un'inesistente vittoria».


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